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La presente immagine è esemplificativa e per nulla riferita al contenuto dell'articolo. |
Chi vuole personalizzare la propria moto, in genere, da cosa inizia?
Nella maggior parte dei casi, dagli specchietti. Ovviamente, questo non per una
particolare avversione collettiva ad essi, ma semplicemente perché i
retrovisori di serie non si possono vedere. Tuttavia, è bene sottolineare che
la loro sostituzione non può avvenire a cuor leggero, in quanto la normativa
applicabile è minuziosa e di non semplice interpretazione. Il risultato è che,
molte volte, ciò che si crede omologato non lo è e viceversa; come pure può
capitare che due coppie di retrovisori siano identiche visivamente, ma
differiscano per il riconoscimento dell’omologazione soltanto a una di esse.
Pare quindi opportuno fare chiarezza sui criteri che rendono tali
componenti conformi alla normativa di settore.
Diversamente da quanto si potrebbe pensare, affinché un retrovisore
venga omologato è necessario non soltanto che soddisfi precisi parametri
dimensionali, ma altresì che superi positivamente alcune minuziose verifiche
tecniche.
Quanto alle dimensioni, l’Allegato II, punto 2.2, precisa che:
- la superficie riflettente non può essere inferiore a 6.900 mm
quadrati;
- nei retrovisori circolari, il diametro non può essere inferiore a 94
mm;
- nei retrovisori non circolari, deve potersi iscrivere una
circonferenza del diametro di 78 mm sulla superficie riflettente.
Vengono altresì previste dimensioni massime:
- i retrovisori circolari non devono avere un diametro superiore ai
150 mm;
- i retrovisori non circolari devono potersi iscrivere in un
rettangolo di 120 mm x 200 mm.
Quanto alle prove tecniche, vengono previste una “Prova di comportamento all’urto” e una “Prova di flessione sulla custodia fissata al braccio”.
La prima (punto 4.2) viene effettuata servendosi di un apposito
dispositivo di prova, costituito da un supporto (sul quale si fissa il
retrovisore in modo da riprodurne la posizione che assumerà una volta montato
sul veicolo) e da un pendolo, alla cui estremità è montata una sfera rigida
(dal diametro di 165 mm e ricoperta da uno spessore di 5 mm di gomma); la
superficie riflettente viene colpita dalla sfera, lasciata cadere da un’altezza
corrispondente ai 60° di angolazione del pendolo rispetto alla verticale, in
modo che la sfera stessa colpisca il retrovisore quando il pendolo si trova in
posizione verticale. Non sono sottoposti a tale test i dispositivi in cui, una volta installati sul veicolo, nessuna
loro parte si trova a meno di 2 m dal suolo.
La seconda prova (punto 4.3) viene effettuata servendosi di un particolare
dispositivo, sul quale la cosiddetta “custodia”
(ossia la struttura di protezione della superficie riflettente) viene fissata
orizzontalmente in modo da verificarne la resistenza a un carico di 25 kg
posizionato su una delle sue estremità (quella che – a retrovisore montato –
risulterebbe più distante dal conducente).
Durante entrambe le prove, la frantumazione della superficie
riflettente non è consentita; a ciò si deroga soltanto qualora i frammenti
rimangano aderenti al fondo della custodia, ovvero la superficie riflettente
sia costruita con vetro di sicurezza.
A tal punto del discorso, possiamo quindi affermare che l’esame visivo
non è affatto sufficiente per comprendere se una coppia di retrovisori sia
conforme o meno alla normativa applicabile: può accadere, infatti, che
componenti dalle dimensioni “generose” non abbiano ottenuto l’omologazione perché
non sottoposti alle dette prove tecniche (o perché – semplicemente – non le
hanno superate). L’esame visivo dei retrovisori è comunque fondamentale, in
quanto è obbligatorio che essi riportino (secondo quanto previsto dall’Allegato
II, Appendice 2):
- il marchio di fabbrica del produttore;
- il marchio di approvazione definito dall’Allegato V della Direttiva
2002/24/CE, ossia “un rettangolo
all’interno del quale è iscritta la lettera minuscola ‘e’, seguita dal numero
distintivo dello Stato membro che ha rilasciato l’omologazione (…)”; un
numero di quattro cifre “indicante il
numero dell’omologazione di base” e posto “al di sotto in prossimità del rettangolo”; il simbolo addizionale “I” o “L”, che specifica la Categoria del retrovisore e che “deve essere posto in prossimità del rettangolo
circoscritto alla lettera ‘e’ in una posizione qualsiasi rispetto a detto
rettangolo”.Tali marcature, si badi, devono essere apposte “in una parte essenziale del retrovisore in
maniera tale da essere indelebili e ben leggibili quando il retrovisore è montato
sul veicolo”.
La Direttiva 97/24/CE contiene altresì alcune disposizioni relative
all’installazione: l’Allegato III al Capitolo 4, infatti, prevede che i due retrovisori
obbligatori debbano essere fissati “in
modo da restare in posizione stabile nelle normali condizioni di guida del
veicolo” e da consentire al conducente “di
controllare la zona retrostante ed il lato o i lati del veicolo”. Viene inoltre
precisato che, quando il bordo inferiore del retrovisore è a meno di 2 m dal
suolo, il retrovisore stesso non deve sporgere più di 20 cm rispetto alla
larghezza maggiore del veicolo.
Per
comprendere se si circola in conformità alla normativa applicabile, bisogna quindi
verificare non soltanto la presenza sui retrovisori delle prescritte marcature,
ma anche il rispetto delle regole che disciplinano l’installazione dei medesimi.
Insomma, è necessario essere il più accorti possibile di fronte a una normativa
che – allo stato – non consente alcuna modifica di numero, tipo o posizione dei
retrovisori.
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